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Ricordando Franco Cuomo tra le strade di Taranto di Pierfranco Bruni

14 Settembre 2009
Ricordando Franco Cuomo tra le strade di Taranto

a due anni dalla morte





di Pierfranco Bruni







Sono trascorsi due anni dalla scomparsa di Franco Cuomo. Finora non abbiamo tenuto fede all’impegno assunto due anni fa: quello di organizzare un convegno, una giornata di studi e di riflessioni, una meditazione a più voci sull’opera dello scrittore che ha attraversato la storia del templarismo attraverso un vissuto narrato. Nel corso di questi due anni sono stati pubblicati anche alcuni inediti. Libri postumi.

Di recente si è parlato del suo libro (opera teatrale) su “Il caso Matteotti”, 2009. Forse un testo insolito rispetto ai suoi studi e alle sue ricerche ma lo scrittore c’è tutto, l’anima invasa dal ricercatore, anzi dell’indagatore esplode con forza e stile. Ma poi esplode “Il tradimento del Templare” (2008) con la sua caratterizzazione e il suo scavo che è stato preceduto da “Gli ordini cavallereschi, nel mito e nella storia di ogni tempo e paese”, 2008.

Due anni dalla morte. Voglio qui riproporre un ricordo che non smette di accompagnarmi. Ho un ricordo molto suggestivo e significativo di Franco Cuomo (Napoli, 22 aprile 1938 – Roma, 23 luglio 2007). A volte restìo nell’aprirsi completamente al dialogo. Ma c’erano occasioni che con poche parole si aprivano orizzonti. Amava molto la città di Taranto e i colori della Magna Grecia. Più volte ho avuto modo di incontralo.

In una Taranto primaverile e quasi estiva di alcuni anni fa, dopo un incontro svoltosi al Castello Aragonese in un piazzale strapieno di gente che ascoltava e poneva domande sui temi cari a Franco, passeggiando mi disse (e lo ricordo benissimo) con la sua voce lenta e il suo accento con cadenze quasi “medioevali”: “Sai, abbiamo parlato dei Templari, dei viaggio dei Crociati, dei simboli e dei personaggi che hanno saputo rappresentare un mondo e una civiltà ma alla base di tutto si poneva un interrogativo. La letteratura salva dalla quotidianità? Io non credo, per le cose che ho raccontato ed ho scritto, che possa salvare dal quotidiano”.

Discutemmo a lungo di letteratura e di aspetti legati alla a questioni letterarie. Mi parlò con voce lenta dicendomi: “La letteratura cerca di salvare la bellezza. Dame e cavalieri sono nella storia ma senza la bellezza non avrebbero senso. Piuttosto la letteratura permette di capire con un’altra visione, che non è quella storicistica ma è testimonianza spirituale, la storia. Perché, vedi, continuava a ripetermi, la storia senza il mito e la leggenda non ha un orizzonte. Ciò che ci fa sentire partecipi all’interno dei processi storici è la comprensione della storia come lettura delle civiltà in una tensione che permane nella capacità di vivere le avventure e i destini dei popoli come espressione spirituale. Parlando dei Templari, continuò, non abbiamo parlato della storia dei Templari ma della capacità nostra, oggi, di riuscire a penetrare grazie ai simboli un mondo che non c’è più ma che continua ad essere, comunque, presente. Da questo punto di vista, lo ricordo molto bene quando mi parlava di questo anche perché più volte siamo ritornati su tali argomenti, la bellezza non salva la storia ma ci salva dalla cronaca della storia”.

Mi diceva tutto questo passeggiando, con lunghe soste, sul Lungomare di Taranto. È vero la bellezza ci salva dalla cronaca della storia. Ci siamo incontrati diverse volte. Anche a Roma. Proprio a Roma ebbe la fortuna di conoscerlo. Era stato Francesco Grisi a presentarmelo. Aveva da poco pubblicato “Gunther d'Amalfi, cavaliere templare”. Era, credo il 1989. ma ci sono stati altri momenti importanti.

Era amico di Grisi. Me ne aveva parlato anni prima in occasione del Premio Strega del 1986, anno in cui Grisi arrivò in finale. E insistette molto affinché Franco Cuomo fosse inserito nella cinquina dello Strega del 1990 proprio con il romanzo dedicato a Gunther d’Amalfi. Con Grisi nel Ninfeo di Villa Giulia ci fermammo a commentare non solo il Premio ma si sottolineò sulla necessità di cambiare le modalità dei Premi.

La presentazione dei sui libri dal 1995 al 1999 a Taranto era un appuntamento fisso. Dedicammo anche in onore ai suoi studi una serie di manifestazioni sui Templari e sulla presenza dei Crociati. Presentammo nel 1996 “Il codice Macbeth. Il ritorno di Gunther d'Amalfi”.

E proprio in quell’occasione i nostri rapporti si intensificarono. Nel 1997 parlammo di “Santa Rita degli Impossibili. La storia d'amore e di sangue, di vendetta e di perdono di Rita da Cascia” con una interessante conversazione sulla storia di Santa Rita. Dopo quella presentazione io sentii la necessità (un bisogno vero) di recarmi a Cascia. Il mistero che incontra la storia o viceversa.

Parlando di Santa Rita Franco mi disse: “Ricordati che, alla fine delle superbie e delle inquietudini, il perdono vince su tutto. Noi sapremo mai perdonare?”. Nello stesso anno presentammo “Le grandi profezie”. E di questo libro ci fu una conversazione privata tra me Grisi e Cuomo. Grisi sosteneva che abbiamo sempre la necessità di credere alle profezie e Cuomo ribatteva che sono, appunto, le profezie che guidano il viaggio.

Importanti furono le nostre conversazioni, i nostri silenzi, le attese. Quando poi nel 1998 discutemmo di “Il romanzo di Carlo Magno. 1, Il predestinato” quel discorso sulla profezia divenne il segno tangibile di una ricerca storica che non può vivere e non può resistere senza il segno della profezia e della speranza. “La storia continua ad avere bisogno del mistero per realizzarsi come leggenda e per penetrare gli uomini e le civiltà”. Questo mi disse Franco Cuomo.

Insomma una storia che non ha bisogno della realtà ma deve entrare nei “sottosuoli” dell’anima. L’ho seguito nel corso del suo attraversamento letterario sino all’ultimo suo romanzo: “Anime perdute. Notturno veneziano con messa nera e fantasmi d'amore” passando tra “Il tatuaggio”, “I sotterranei del cielo”, “Harun ar-Rashid, il califfo delle Mille e una notte” e altri titoli ancora continuando però a “inseguire” e a non dimenticare il ciclo di Carlo Magno. Io sono rimasto legato, comunque, a due testi che mi hanno aperto una visuale sul concetto di leggenda, di mito e di simbolo.

Mi riferisco a “I semidei” del 1995 “Il signore degli specchi” del 1991. Due percorsi, se così si vogliono definire, che costituiscono un battere nel cuore delle metafore. Una letteratura, quella di Cuomo, che è riuscita sempre a teatralizzare non solo i personaggi ma anche i destini e le avventure. Certo, Cuomo ha raccontato storie ma le storie (o la storia) di Cuomo hanno una dimensione che non si perde tra i rigagnoli della ragione perché continua a raccontarsi come leggenda. E se la storia non diventa anche leggenda per uno scrittore non è altro che una sottoscrizioni di fatti e di cronologie.

La letteratura per Franco Cuomo era andare oltre la resistenza stessa delle date. C’è un altro libro che tuttora potrebbe rivelazione tracciati di sicura comprensione per capire l’età nella quale viviamo. Si tratta di “Nel nome di Dio” e risale al 1994. Un sottotitolo suggestivo che ci introduce in un’epoca di incanti e incantesimi tra le sponde dell’Occidente ed Oriente: “Roghi, duelli rituali e altre ordalie nell’Occidente medievale cristiano”.

L’Occidente tra i miti e le leggende. È più che mai attuale e resta nel sempre. “Non chiedere mai spiegazioni, mi disse in uno degli ultimi incontri, ma cerca di capire il senso, o la maschera, o il doppio che si vive nel segreto del mistero delle civiltà e dei popoli. Non chiedere giustificazioni. La storia non potrà mai darle. La letteratura potrà aiutarti se riuscirai a non assentarti da una letteratura che è dentro il fascino del misterioso”. Conserverò nel cuore queste parole.

Uno scrittore che accanto alla recita della parola ha saputo raccontare senza lasciarsi rapire completamente dalla storia. Infatti il suo viaggio resta sempre dentro i segni della profezia come quel volume pubblicato nel 2007 che chiude una stagione “Le grandi profezie”. Si supera la storia con la profezia. Franco Cuomo attraversando il Medioevo ha raccontato le vie della profezia attraverso personaggi e luoghi. Tra i personaggi e i luoghi un impegno. Ritorneremo a parlare di Franco.





Ricordando Franco Cuomo tra le strade di Taranto

a due anni dalla morte





di Pierfranco Bruni







Sono trascorsi due anni dalla scomparsa di Franco Cuomo. Finora non abbiamo tenuto fede all’impegno assunto due anni fa: quello di organizzare un convegno, una giornata di studi e di riflessioni, una meditazione a più voci sull’opera dello scrittore che ha attraversato la storia del templarismo attraverso un vissuto narrato. Nel corso di questi due anni sono stati pubblicati anche alcuni inediti. Libri postumi.

Di recente si è parlato del suo libro (opera teatrale) su “Il caso Matteotti”, 2009. Forse un testo insolito rispetto ai suoi studi e alle sue ricerche ma lo scrittore c’è tutto, l’anima invasa dal ricercatore, anzi dell’indagatore esplode con forza e stile. Ma poi esplode “Il tradimento del Templare” (2008) con la sua caratterizzazione e il suo scavo che è stato preceduto da “Gli ordini cavallereschi, nel mito e nella storia di ogni tempo e paese”, 2008.

Due anni dalla morte. Voglio qui riproporre un ricordo che non smette di accompagnarmi. Ho un ricordo molto suggestivo e significativo di Franco Cuomo (Napoli, 22 aprile 1938 – Roma, 23 luglio 2007). A volte restìo nell’aprirsi completamente al dialogo. Ma c’erano occasioni che con poche parole si aprivano orizzonti. Amava molto la città di Taranto e i colori della Magna Grecia. Più volte ho avuto modo di incontralo.

In una Taranto primaverile e quasi estiva di alcuni anni fa, dopo un incontro svoltosi al Castello Aragonese in un piazzale strapieno di gente che ascoltava e poneva domande sui temi cari a Franco, passeggiando mi disse (e lo ricordo benissimo) con la sua voce lenta e il suo accento con cadenze quasi “medioevali”: “Sai, abbiamo parlato dei Templari, dei viaggio dei Crociati, dei simboli e dei personaggi che hanno saputo rappresentare un mondo e una civiltà ma alla base di tutto si poneva un interrogativo. La letteratura salva dalla quotidianità? Io non credo, per le cose che ho raccontato ed ho scritto, che possa salvare dal quotidiano”.

Discutemmo a lungo di letteratura e di aspetti legati alla a questioni letterarie. Mi parlò con voce lenta dicendomi: “La letteratura cerca di salvare la bellezza. Dame e cavalieri sono nella storia ma senza la bellezza non avrebbero senso. Piuttosto la letteratura permette di capire con un’altra visione, che non è quella storicistica ma è testimonianza spirituale, la storia. Perché, vedi, continuava a ripetermi, la storia senza il mito e la leggenda non ha un orizzonte. Ciò che ci fa sentire partecipi all’interno dei processi storici è la comprensione della storia come lettura delle civiltà in una tensione che permane nella capacità di vivere le avventure e i destini dei popoli come espressione spirituale. Parlando dei Templari, continuò, non abbiamo parlato della storia dei Templari ma della capacità nostra, oggi, di riuscire a penetrare grazie ai simboli un mondo che non c’è più ma che continua ad essere, comunque, presente. Da questo punto di vista, lo ricordo molto bene quando mi parlava di questo anche perché più volte siamo ritornati su tali argomenti, la bellezza non salva la storia ma ci salva dalla cronaca della storia”.

Mi diceva tutto questo passeggiando, con lunghe soste, sul Lungomare di Taranto. È vero la bellezza ci salva dalla cronaca della storia. Ci siamo incontrati diverse volte. Anche a Roma. Proprio a Roma ebbe la fortuna di conoscerlo. Era stato Francesco Grisi a presentarmelo. Aveva da poco pubblicato “Gunther d'Amalfi, cavaliere templare”. Era, credo il 1989. ma ci sono stati altri momenti importanti.

Era amico di Grisi. Me ne aveva parlato anni prima in occasione del Premio Strega del 1986, anno in cui Grisi arrivò in finale. E insistette molto affinché Franco Cuomo fosse inserito nella cinquina dello Strega del 1990 proprio con il romanzo dedicato a Gunther d’Amalfi. Con Grisi nel Ninfeo di Villa Giulia ci fermammo a commentare non solo il Premio ma si sottolineò sulla necessità di cambiare le modalità dei Premi.

La presentazione dei sui libri dal 1995 al 1999 a Taranto era un appuntamento fisso. Dedicammo anche in onore ai suoi studi una serie di manifestazioni sui Templari e sulla presenza dei Crociati. Presentammo nel 1996 “Il codice Macbeth. Il ritorno di Gunther d'Amalfi”.

E proprio in quell’occasione i nostri rapporti si intensificarono. Nel 1997 parlammo di “Santa Rita degli Impossibili. La storia d'amore e di sangue, di vendetta e di perdono di Rita da Cascia” con una interessante conversazione sulla storia di Santa Rita. Dopo quella presentazione io sentii la necessità (un bisogno vero) di recarmi a Cascia. Il mistero che incontra la storia o viceversa.

Parlando di Santa Rita Franco mi disse: “Ricordati che, alla fine delle superbie e delle inquietudini, il perdono vince su tutto. Noi sapremo mai perdonare?”. Nello stesso anno presentammo “Le grandi profezie”. E di questo libro ci fu una conversazione privata tra me Grisi e Cuomo. Grisi sosteneva che abbiamo sempre la necessità di credere alle profezie e Cuomo ribatteva che sono, appunto, le profezie che guidano il viaggio.

Importanti furono le nostre conversazioni, i nostri silenzi, le attese. Quando poi nel 1998 discutemmo di “Il romanzo di Carlo Magno. 1, Il predestinato” quel discorso sulla profezia divenne il segno tangibile di una ricerca storica che non può vivere e non può resistere senza il segno della profezia e della speranza. “La storia continua ad avere bisogno del mistero per realizzarsi come leggenda e per penetrare gli uomini e le civiltà”. Questo mi disse Franco Cuomo.

Insomma una storia che non ha bisogno della realtà ma deve entrare nei “sottosuoli” dell’anima. L’ho seguito nel corso del suo attraversamento letterario sino all’ultimo suo romanzo: “Anime perdute. Notturno veneziano con messa nera e fantasmi d'amore” passando tra “Il tatuaggio”, “I sotterranei del cielo”, “Harun ar-Rashid, il califfo delle Mille e una notte” e altri titoli ancora continuando però a “inseguire” e a non dimenticare il ciclo di Carlo Magno. Io sono rimasto legato, comunque, a due testi che mi hanno aperto una visuale sul concetto di leggenda, di mito e di simbolo.

Mi riferisco a “I semidei” del 1995 “Il signore degli specchi” del 1991. Due percorsi, se così si vogliono definire, che costituiscono un battere nel cuore delle metafore. Una letteratura, quella di Cuomo, che è riuscita sempre a teatralizzare non solo i personaggi ma anche i destini e le avventure. Certo, Cuomo ha raccontato storie ma le storie (o la storia) di Cuomo hanno una dimensione che non si perde tra i rigagnoli della ragione perché continua a raccontarsi come leggenda. E se la storia non diventa anche leggenda per uno scrittore non è altro che una sottoscrizioni di fatti e di cronologie.

La letteratura per Franco Cuomo era andare oltre la resistenza stessa delle date. C’è un altro libro che tuttora potrebbe rivelazione tracciati di sicura comprensione per capire l’età nella quale viviamo. Si tratta di “Nel nome di Dio” e risale al 1994. Un sottotitolo suggestivo che ci introduce in un’epoca di incanti e incantesimi tra le sponde dell’Occidente ed Oriente: “Roghi, duelli rituali e altre ordalie nell’Occidente medievale cristiano”.

L’Occidente tra i miti e le leggende. È più che mai attuale e resta nel sempre. “Non chiedere mai spiegazioni, mi disse in uno degli ultimi incontri, ma cerca di capire il senso, o la maschera, o il doppio che si vive nel segreto del mistero delle civiltà e dei popoli. Non chiedere giustificazioni. La storia non potrà mai darle. La letteratura potrà aiutarti se riuscirai a non assentarti da una letteratura che è dentro il fascino del misterioso”. Conserverò nel cuore queste parole.

Uno scrittore che accanto alla recita della parola ha saputo raccontare senza lasciarsi rapire completamente dalla storia. Infatti il suo viaggio resta sempre dentro i segni della profezia come quel volume pubblicato nel 2007 che chiude una stagione “Le grandi profezie”. Si supera la storia con la profezia. Franco Cuomo attraversando il Medioevo ha raccontato le vie della profezia attraverso personaggi e luoghi. Tra i personaggi e i luoghi un impegno. Ritorneremo a parlare di Franco.